L’UGL-CFS e il SAPAF difesi dall’Avvocato Egidio Lizza ottengono vittoria davanti al Comitato Europeo dei Diritti Sociali.
Il Comitato Europeo dei Diritti Sociali ha reso pubblica la sua decisione sulla nota questione dell’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato all’Arma dei Carabinieri il 26 novembre 2019, stabilendo che il decreto legislativo 177/2016, che ha disposto tale assorbimento viola i diritti sociali dei dipendenti che, divenendo personale militare, hanno perso le libertà sindacali prima garantite.
Bisogna ricordare che, con la riforma introdotta nel 2016 dal Governo Renzi, il CFS, una polizia civile, è stato soppresso e la massima parte del suo personale trasferito all’Arma dei Carabinieri, così confluendo nell’ordinamento militare dove non è garantita una piena libertà associativa sindacale e si nega la partecipazione dei lavoratori alla contrattazione collettiva attraverso i propri rappresentati. Residuali funzioni e relativo personale sono stati poi trasferiti alla Guardia di Finanza, anch’essa ad ordinamento militare, alla Polizia di Stato, ai Vigili del Fuoco ed al Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo.
La decisione del Comitato scaturisce dal reclamo presentato dagli ex sindacati dei membri del CFS, UGL-CFS e SAPAF, da me assistiti, che avevano sostenuto che il trasferimento dei dipendenti del soppresso CFS ad una forza di polizia militare aveva provocato la violazione di libertà e diritti a questi prima garantiti: il diritto a guadagnarsi da vivere con una occupazione liberamente scelta, sancito dall’art. 1 § 2 della Carta Sociale Europea; – il loro diritto di costituire delle organizzazioni sindacali a tutela dei loro interessi, previsto dall’art. 5 della Carta Sociale Europea; – il diritto alla contrattazione collettiva, garantito dall’articolo 6 § 2 della medesima Carta.
E’ importante segnalare che, su tali argomenti, la Corte Costituzionale italiana, con le sentenze 120/2018 e 170/2019, da un lato aveva riconosciuto una limitata libertà sindacale nell’ordinamento militare e, dall’altro, ritenuto legittimo il transito dei Forestali in tale ordinamento, disposto con il decreto legislativo 177/2016.
In particolare, sul primo aspetto aveva aperto alla possibilità di costituire associazioni sindacali tra militari, fortemente però limitando tale libertà fondamentale: la costituzione di tali associazioni è infatti subordinata al preventivo assenso ministeriale; permane il divieto di aderire ad associazioni non militari e, dunque, alle confederazioni; è confermato il divieto di sciopero ed il sindacato non può occuparsi di ordinamento, addestramento, operazioni, del settore logistico-operativo, del rapporto gerarchico-funzionale e dell’impiego del personale: si esclude, in pratica, tutto ciò con cui si attua, in tale ambito, il diritto alla contrattazione.
Sul secondo aspetto, la Corte costituzionale, aveva ritenuto che l’accorpamento del CFS all’Arma realizzasse un valido bilanciamento tra l’esigenza di riorganizzare il comparto sicurezza dello Stato, da un lato, e l’esigenza di tutelare gli interessi del personale forestale, dall’altro.
L’importanza della decisione del Comitato risiede, dunque, nel fatto che il suo giudizio arriva dopo aver soppesato tali pronunce della Consulta, evidentemente giudicate insufficienti a tutelare i diritti sociali in maniera adeguata a come l’Italia si è obbligata a fare, sottoscrivendo i Trattati internazionali ed in particolare la Carta Sociale Europea.
Il Comitato ha osservato che l’articolo 5 della Carta Sociale Europea consente agli Stati di porre restrizioni al diritto di organizzazione sindacale solo se tali restrizioni sono previste dalla legge e sono necessarie in una società democratica. Ricorda il Comitato, tuttavia, che tali limitazioni non possono giungere a sopprimere completamente il diritto di costituire organizzazioni sindacali, o di aderirvi. Nel caso di specie, la militarizzazione dei membri del CFS ha invece comportato una compressione sproporzionata di tali diritti, non giustificabile come necessaria. Il Comitato osserva che, in applicazione del decreto legislativo n. 177/2016, la grande maggioranza dei membri del CFS, che aveva Status Civile, ha acquisito lo Status Militare per effetto del trasferimento ai Carabinieri o alla Guardia di Finanza. In tale ambito, ha rilevato che le restrizioni previste dalla legislazione, ed in particolare la soggezione al previo assenso ministeriale riguardo alla possibilità di costituire organizzazioni sindacali, risultano eccessive e dunque in contrasto con la  Carta Sociale Europea.
Inoltre, il CEDS ha ribadito che, ai sensi dell’art. 6 della Carta, gli Stati non possono arbitrariamente comprimere il diritto alla contrattazione collettiva. In merito ha ricordato che la semplice audizione di una parte contrattuale su una determinata soluzione lavorativa non è soddisfacente. Al contrario, è obbligatorio consultare regolarmente tutte le parti durante tutto il processo in cui si stabiliscono i termini e le condizioni del lavoro, prevedendo espressamente che tale interlocuzione possa influenzarne l’esito. Specialmente in una situazione dove i Diritti Sindacali sono stati limitati, la parte deve poter mantenere la sua capacità di contestazione per conto dei suoi membri, con effettività. Inoltre, al fine di soddisfare questo requisito, il meccanismo di contrattazione collettiva deve essere tale da prevedere spontaneamente la possibilità di una soluzione negoziata a favore dei lavoratori. Ha ritenuto, quindi, che i dipendenti militari, attraverso loro rappresentanti, non sono minimamente in grado di formulare opinioni e istanze su materie di interesse come l’addestramento, la relazione di gerarchia funzionale e l’impiego di personale.
Considerato che le disposizioni del d.lgs. n. 177/2016, hanno esteso tali restrizioni alla contrattazione collettiva, anche agli ex membri del CFS, che, originariamente garantiti in questi diritti, se li sono visti sottratti per effetto del trasferimento all’Arma dei carabinieri ed alla Guardia di Finanza, il Comitato non ha potuto che ritenere che la situazione integra una violazione dell’art. 6§2 della Carta Sociale Europea.
Il Comitato, dunque, ha concluso che la Riforma Madia che ha previsto l’assorbimento del CFS nelle forze di polizia appartenenti all’ordinamento militare ha leso il diritto di organizzazione sindacale e il diritto alla contrattazione collettiva del suo personale.
La decisione del Comitato è stata quindi trasmessa all’Assemblea parlamentare ed al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, così avviando il procedimento che potrà portare all’adozione di una Raccomandazione nei confronti dell’Italia, la quale sarà poi tenuta a fornire indicazioni sui provvedimenti interni adottati per dare seguito alla decisione del Comitato ed alla conseguente Raccomandazione del Consiglio dei Ministri.
La decisione ha portato alle prime opportune iniziative parlamentari da parti di chi ritiene che il ripristino di polizia civile a tutela dell’ Ambiente sia una priorità.
Intanto, la nostra battaglia prosegue sulla strada di Strasburgo… ⚖️
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