Avevamo considerato positiva, prevedendone l’esito favorevole, la notizia che in Corte Costituzionale fosse stata sollevata la questione della illegittimità della norma, contenuta in uno dei decreti attuativi della c.d. Riforma Madia della PA, che, innovativamente, aveva previsto la trasmissione, da parte di ogni membro delle Forze di Polizia, della notizia di reato anche alla propria scala gerarchica, anziché alla sola autorità giudiziaria.
Oggi la Consulta dichiara l’incostituzionalità della norma, che era stata introdotta dal medesimo decreto legislativo (d.lgs. n. 177/2016) che ha cancellato il Corpo Forestale dello Stato!
Dunque, un’ulteriore disposizione con la quale il Governo Renzi aveva scardinato antichi e fondamentali principi del nostro ordinamento giuridico, ledendo le attribuzioni costituzionali dei procuratori della Repubblica, cade rovinosamente di fronte al vaglio di legittimità costituzionale.
Come già aveva rilevato il CSM in una delibera del 14.6.2017 la norma minava l’indipendenza della Magistratura, la segretezza delle indagini, l’obbligatorietà dell’azione penale.
E’ chiaro, una volta di più, come il Governo Renzi, con la Legge Madia, abbia inteso intervenire in modo irresponsabilmente disinvolto, con provvedimenti disarticolati, nel Comparto Sicurezza. E non può che dispiacere per coloro che avevano visto, in tale aspetto della riforma, una “ricompensa” per “digerire” l’innaturale assorbimento del CFS nell’Arma dei Carabinieri.
Il decreto legislativo 177/2016 che sopprime il CFS e che aveva scardinato il principio della segretezza della notizia di reato perde, definitivamente, un tassello importante. La Consulta, dunque, fa rivivere un dogma del nostro sistema processualpenalistico ed auspichiamo che, a breve, altrettanto possa accadere per il CFS.
