Un nostro importante successo davanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione segna un nuovo passo evolutivo della giurisprudenza in materia di crisi del rapporto coniugale.
Ribaltando un consolidato orientamento giurisprudenziale, con sentenza n. 32914/2022, pubblicata l’08.11.2022 e pronunciata sul giudizio RG n. 11821/2018, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno affermato la piena ripetibilità delle somme versate a titolo di assegno di separazione e divorzile, una volta che sia decretata l’illegittimità ab origine, totale o parziale, del provvedimento attributivo (cautelare o di merito), rimanendo preclusa l’azione giudiziale volta alla restituzione, solo in circoscritte ipotesi.
Con un revirement giurisprudenziale, dunque, il massimo organo nomofilattico abbandona il principio, prima prevalente, in base al quale le somme già versate dovevano intendersi sempre come irripetibili, stante la natura latamente alimentare degli assegni, che si riteneva ponesse un limite alla regola generale della ripetibilità dell’indebito posta dall’art. 2033 c.c.. L’esclusione generalizzata della condictio indebiti, cristallizzata nel tempo dalla giurisprudenza, discendeva dalla considerazione che gli assegni in parola svolgono anche una funzione alimentare, oltre a quelle perequative e compensative, costituendo gli alimenti un minus ricompreso all’interno di una più ampia obbligazione.
Sulla scia di alcune pronunzie che recentemente avevano messo in dubbio la ragionevolezza di un tale approccio, le Sezioni Unite negano il dogma dell’irripetibilità, rilevando, in primo luogo, l’assenza, nell’ordinamento, di una disposizione che impedisca l’azione di restituzione dell’assegno propriamente alimentare, provvisoriamente disposto a favore dell’alimentando. Le disposizioni normative rilevanti (artt. 447 c.c., 545 e 671 c.p.c.), infatti, si limitano a disciplinarne la cessione, la compensazione, l’impignorabilità e l’insequestrabilità, nulla disponendo in ordine all’irripetibilità.
I Giudici di legittimità osservano che l’eccezione alla regola della ripetizione dell’indebito, che esonera il soggetto beneficiario dal restituire quanto percepito provvisoriamente anche «per finalità alimentare», trova invero giustificazione, non in base ad una puntuale norma, ma in virtù del principio costituzionale di solidarietà, tipico dei rapporti familiari (articoli 2 e 29 Cost.) e sul presupposto che le somme versate, in base al titolo provvisorio, siano state verosimilmente consumate per far fronte ad essenziali necessità di vita.
Considerando inoltre – continua il ragionamento della Corte – che la funzione alimentare è solo un eventuale elemento costitutivo degli assegni di separazione o divorzio, emerge con forza l’esigenza di bilanciare le finalità equitative e solidaristiche con i principi di legalità e prevedibilità delle decisioni giudiziarie, pena l’affermazione di una regola contraria a tali cardini dell’ordinamento, che impongono la restituzione delle somme indebitamente percepite, di qualsiasi natura.
Pertanto, laddove con il provvedimento successivo venga accertata l’insussistenza originaria – e dunque non per fatti sopravvenuti – del presupposto per l’assegno, ad esempio perché, diversamente da quanto ritenuto inizialmente, il percettore godeva di redditi adeguati, ovvero perché si addebita la separazione al coniuge che, nelle more, abbia fruito di un assegno con funzione non meramente alimentare, non vi sono ragioni per escludere l’obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite, con conseguente piena ripetibilità. Tale regola permane, in linea di principio, anche nell’ipotesi in cui l’assegno sia stato semplicemente ridotto perché ritenuto, in origine, esondare la giusta misura.
Per cui, i Giudici della Suprema Corte stabiliscono che la regola generale da seguire è senz’altro quella della ripetibilità, individuando solo limitate eccezioni. L’irripetibilità è, infatti, ammessa solo in relazione ad assegni che abbiano ad oggetto somme di modesta entità, idonee a far fronte alle strette esigenze di vita (anche in rapporto alla situazione personale dei coniugi), e nelle uniche due situazioni di mera riduzione dell’assegno, o di sua successiva esclusione dovuta non ad una mancanza ab initio del diritto al contributo, ma al mutamento delle condizioni economiche del soggetto obbligato.
Il principio di diritto enunciato è il seguente: «In materia di famiglia e di condizioni economiche nel rapporto tra coniugi separati o ex coniugi, per le ipotesi di modifica nel corso del giudizio, con la sentenza definitiva di primo grado o di appello, delle condizioni economiche riguardanti i rapporti tra i coniugi, separati o divorziati, sulla base di una diversa valutazione, per il passato (e non quindi alla luce di fatti sopravvenuti, i cui effetti operano, di regola, dal momento in cui essi si verificano e viene avanzata domanda), dei fatti già posti a base dei provvedimenti presidenziali, confermati o modificati dal giudice istruttore, occorre distinguere: a) opera la «condictio indebiti» ovvero la regola generale civile della piena ripetibilità delle prestazioni economiche effettuate, in presenza di una rivalutazione della condizione «del richiedente o avente diritto», ove si accerti l’insussistenza «ab origine» dei presupposti per l’assegno di mantenimento o divorzile; b) non opera la «condictio indebiti» e quindi la prestazione è da ritenersi irripetibile, sia se si procede (sotto il profilo dell’an debeatur, al fine di escludere il diritto al contributo e la debenza dell’assegno) ad una rivalutazione, con effetto ex tunc, «delle sole condizioni economiche del soggetto richiesto (o obbligato alla prestazione)», sia se viene effettuata (sotto il profilo del quantum) una semplice rimodulazione al ribasso, anche sulla base dei soli bisogni del richiedente, purché sempre in ambito di somme di denaro di entità modesta, alla luce del principio di solidarietà post-familiare e del principio, di esperienza pratica, secondo cui si deve presumere che dette somme di denaro siano state ragionevolmente consumate dal soggetto richiedente, in condizioni di sua accertata debolezza economica; c) al di fuori delle ipotesi sub b), in presenza di modifica, con effetto ex tunc, dei provvedimenti economici tra coniugi o ex coniugi opera la regola generale della ripetibilità».
La sentenza: Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza n. 32914-2022
Di seguito la notizia ripresa dalla stampa: NTplusDiritto/SOLE24ORE