Grazie a Thomas Mackinson per l’approfondimento su Il Fatto Quotidiano, della vicenda del padre privato da ben oltre un decennio del rapporto con il proprio figlio, caso da me affrontato davanti la CEDU.
Non l’ultima storia di tante, analoghe, privatissime, che vedono il nostro Paese incapace di tutelare il genitore che, alienato nella relazione con il proprio figlio dai comportamenti illegittimi e manipolatori dell’altro genitore, solitamente affidatario nell’ambito di una separazione conflittuale, finisce per perdere la possibilità di un benché minimo rapporto di genitorialità, fondamentale sia per l’adulto che per la crescita emotiva e relazionale del minore.
La Corte Europea, come in tantissime altre decisioni, ha riscontrato le solite violazioni da parte dell’Italia nella regolamentazione e gestione dei rapporti tra genitori e minori, connessi alle crisi coniugali, imputando, tanto alle decisioni talvolta stereotipate dei giudici, quanto alla incapacità dei servizi sociali di assicurare il diritto di visita, il fallimento di un sistema che metodicamente produce la violazione del diritto fondamentale a che sia assicurata una buona e duratura relazione tra genitore separato non affidatario e minore.
Ma il caso segnalato si connota per le altre singolarissime e gravi circostanze che hanno visto determinati politici, giornalisti, associazioni assumere pubblicamente le difese del genitore che, nella realtà dei fatti accertati dalla magistratura, “si era sottratta alle prescrizioni impartite dai giudici, cioè aveva impedito il diritto alla bigenitorialità” (parole della Corte di Cassazione).
Alcuni politici hanno occupato aule parlamentari e spazi istituzionali per diffondere la ricostruzione di una delicata vicenda personale, contraria a quella accertata in giudizio; alcuni giornalisti sono oggi riconosciuti responsabili di diffamazione per aver fatto lo stesso su testate nazionali. Ausilio e rilievo pubblico offerto a chi, nel frattempo, si rendeva responsabile tanto di un “atteggiamento gravemente ostacolante la facilitazione dei rapporti padre-figlio” quanto di una “reiterata e volontaria mancata esecuzione dei provvedimenti già adottati dai giudici di merito… per 10 lunghi anni”, comportamenti – “accertati… anche tramite 4 diverse CTU” – che, “nell’ostacolare l’esecuzione dei diversi provvedimenti nel tempo adottati dal Tribunale per i minorenni e da questa Corte, hanno reso impossibile… l’instaurazione di un sereno rapporto padre-figlio”, contribuendo “in modo assai significativo a radicalizzare il rifiuto del padre da parte del figlio” e trasmettendogli “l’esempio e la convinzione che la mancata ottemperanza ai provvedimenti giudiziali, di fatto, non comporta conseguenze” (virgolettato ripreso dalla sentenza di Corte d’Appello).
Dodici anni di battaglie giudiziarie ristabiliscono la verità, non il rapporto perso con il proprio figlio.
Di quello che sta divenendo un problema sistemico, un ordinamento serio dovrebbe farsi carico, sviluppando gli opportuni anticorpi per evitare l’indecoroso scempio del diritto alla vita familiare, sacralmente tutelato dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
→ qui l’articolo de Il Fatto quotidiano
→ qui la sentenza della #CEDU