Dopo la procedura di infrazione della Commissione Europea e le sentenze della Corte di Giustizia dell’UE, arrivano le conseguenze economiche per lo Stato a seguito della prima condanna comminata da un Tribunale Amministrativo al Ministero della Giustizia, per la causa intentata da un giudice di pace, con la nostra assistenza legale, per il corretto inquadramento, le differenze retributive dovute ed i connessi trattamenti assistenziali e previdenziali, oltre indennità per ferie non godute e risarcimento del danno per illecita reiterazione dei rapporti a termine.

Il contenzioso era stato introdotto da un giudice di pace, che aveva ininterrottamente svolto tali funzioni per 15 anni e che, avendo ricevuto reiterati incarichi a termine retribuiti con una mera indennità mensile senza il riconoscimento di contributi assistenziali e previdenziali né ferie, ha promosso azione di accertamento del suo diritto alla costituzione di un rapporto di lavoro dipendente con il Ministero della Giustizia in ragione della parità sostanziale di funzioni con i magistrati c.d. togati, con la conseguente condanna del Ministero al pagamento delle differenze retributive, oltre oneri previdenziali e assistenziali, indennità per ferie non godute e risarcimento del danno per abusivo ricorso di contratti a termine.

La condanna è stabilita dalla Sentenza TAR Bologna n. 304 del 2023, dopo che, a seguito di rinvio pregiudiziale, la Corte di Giustizia UE (vedi sentenza CGUE, 7 aprile 2022, causa C-236/20) aveva dichiarato incompatibile la legge nazionale che disciplina la categoria dei Giudici di Pace con le direttive europee, riconoscendone una tendenziale equiparazione alla magistratura ordinaria per ciò che concerne i diritti retributivi, assistenziali e previdenziali.

La pronuncia segue ciò che da tempo è stato accertato, sia in ambito di Commissione Europea (vedi la Lettera di messa in mora della Commissione UE del 15.7.2021), che dalle sentenze della Corte di Giustizia dell’UE (vedi sentenza CGUE, 7 aprile 2022, causa C-236/20; sentenza CGUE, 16 luglio 2020, causa C-658/2018), che dal Comitato europeo dei diritti sociali (vedi decisione del Decisione CEDS ANGDP c. ITALIA) ovvero un palese contrasto tra le direttive UE in materia di lavoro subordinato, le norme internazionali e le norme nazionali che, da oltre vent’anni, non prevedono per i giudici di pace un compenso adeguato al loro ruolo giurisdizionale, oltre che il diritto alle ferie retribuite e a un regime assistenziale e previdenziale, analogamente a quanto previsto per i magistrati ordinari. I principi giuridici delineati in sede europea dirigono, invero, in senso diametralmente opposto a quanto sino ad oggi concretamente fatto dal Ministero della Giustizia, con le recenti riforme del settore (vedi articolo 1, commi 629 e ss. della legge 30 dicembre 2021, n. 234 – legge di bilancio per il 2022) valutate insufficienti dalla Commissione europea che, nuovamente, con una Lettera Commissione UE 15.7.2022, ha messo in guardia il nostro Paese richiedendo un cambio di passo.

La pronuncia ha un importante contenuto economico: il Tar ha infatti dichiarato che, per le funzioni di Giudice di Pace svolte per circa 15 anni, la ricorrente rientra nella nozione di lavoratore a tempo determinato secondo il diritto eurounitario ed ha ordinato al Ministero della Giustizia la ricostruzione della posizione giuridica ed economica secondo quanto previsto per i magistrati ordinari di prima nomina, con conseguente condanna al pagamento delle conseguenti differenze retributive, oltre interessi, alla ricostruzione della posizione assistenziale e previdenziale sempre in modo analogo alla tipologia di lavoratore cui è equiparato, ovvero il magistrato ordinario di prima nomina, ed infine ha dichiarato l’abusiva reiterazione del termine apposto ai singoli incarichi, condannando il Ministero della Giustizia al risarcimento del danno nella misura pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto spettante.

Le cifre sono senz’altro importanti e destinate ad aumentare in considerazione del numero dei potenziali Giudici onorari (Giudici di Pace, GOT, VPO, Giudici tributari) che sono stati nel tempo oggetto del medesimo trattamento sanzionato. Si apre infatti ampio spazio all’introduzione di azioni dirette alla rideterminazione dei trattamenti retributivi e pensionistici e di risarcimento danni, attesa anche la valutazione in ordine alla prescrizione di tali diritti, che il TAR ha escluso sia in quanto le pretese dei giudici di pace non potevano essere fatte valere in costanza di rapporto attesa la mancanza di stabilità del rapporto soggetto a rinnovo, sia perché l’esercizio dei diritti retributivi e contributivi è stato impedito nel nostro ordinamento (in virtù di una consolidata giurisprudenza interna difforme) quantomeno fino alla pronuncia della Corte di Giustizia del 16 luglio 2020 (in causa C-658/18).

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