Con la decisione del TAR dell’Emilia Romagna sul caso di un Giudice di pace assistito (come tanti altri in Italia) dal nostro studio, il caso poco decoroso del precariato e della mancanza di tutele assistenziali e previdenziali di una larga fetta della nostra magistratura, ovvero quella Onoraria (Giudici di Pace, GOT, VPO, Giudici tributari), finisce in tutti i suoi aspetti dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Il TAR solleva molti dubbi sulla compatibilità con il diritti europeo di norme che, prevedendo in favore dei Magistrati Onorari solo una indennità e privandoli di tutela assistenziale e previdenziale ad hoc con la sistematica reiterazione di un rapporto “onorario” senza riconoscerne lo status di dipendenti pubblici, possono lederne autonomia e indipendenza.
L’ostacolo di tali riconoscimenti, che parrebbero ovvi, è costituito da una visione formalistica per cui chi non ha avuto accesso al pubblico impiego con l’ordinario concorso in magistratura, non possa goderne, ma questa logica si scontra con il dato che lo Stato ha affidato loro, in taluni casi da oltre vent’anni senza soluzioni di continuità, funzioni giurisdizionali del tutto analoghe ai togati.
Tale scelta aprioristica pare ora scontrarsi con la concreta visione europea, alla cui logica il sistema del precariato di Stato in tante occasioni (a cominciare dalla Scuola) ha dovuto piegarsi.
L’Unione Europea guarda infatti all’effettivo svolgimento del lavoro a prescindere dalla qualificazione (miope) allo stesso eventualmente attribuita dallo Stato, avendo il termine “lavoratore dipendente” portata comunitaria, scissa da vincoli nazionali. Questo è necessario al fine di garantire i principi europei fondamentali di uguaglianza e antidiscriminazione.
Si pensi al danno che subisce chi non ha tutela assistenziale relativamente alla salute, alla maternità, alla famiglia, alle ferie e da sempre giudica le cause dei comuni cittadini sulla base di incarichi periodicamente soggetti a scadenza.
In ciò si sostanzia il dubbio di conformità al Diritto UE, che dunque trascende l’aspetto della quantificazione della retribuzione, sul quale pur si potrebbero strutturare legittime differenze con la magistratura ordinaria.
Purtroppo, dalla riforma Orlando in poi, le iniziative legislative hanno ignorato il cuore del problema, aprendo la strada oggi, dinanzi all’auspicabile intervento del giudice eurounitario, a possibili conseguenze economiche per regolarizzazioni e risarcimenti.
L’invito, in conclusione, non può che essere quello di unirsi ad una doverosa battaglia giudiziaria per cambiare le attuali condizioni e pretendere il giusto ristoro dei diritti violati.
A nostro avviso, alla luce del concreto atteggiarsi della loro attività lavorativa, giudici di pace e magistratura onoraria non dovrebbero essere arbitrariamente privati dei benefici che competono a qualsiasi lavoratore in applicazione del diritto dell’Unione ed è in questo senso che auspichiamo sia l’intervento della CGUE dinanzi la quale, da domani, continueremo l’azione a tutela dei nostri assistiti.

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