Con la sentenza CUTELLI & RUSSO c. ITALIA del 7 novembre 2024, la Corte europea di STRASBURGO, a seguito del ricorso presentato dal nostro studio il 22 dicembre 2021 ha condannato l’Italia per un caso di espropriazione per pubblica utilità per il quale, gli espropriati in Italia, non erano riusciti ad ottenere alcun indennizzo dalle autorità pubbliche.
Il caso concerne due proprietari di un terreno espropriato da un gruppo di imprese delegate dal Comune alla realizzazione della procedura pubblica. Gli espropriati avevano intentato un’azione di risarcimento danni contro il Comune e il gruppo di imprese incaricato, ritenendo che l’occupazione del loro terreno fosse stata illegale e che successivamente i lavori di costruzione dell’opera pubblica sul loro terreno erano stati completati senza che fosse completato il procedimento formale di espropriazione del terreno e senza il pagamento di una valida indennità.
I giudici nazionali, fino alla Corte di Cassazione, avevano ritenuto che, sulla base della delega, solo le imprese erano responsabili dell’erogazione dell’indennità nei confronti degli espropriati, ma essendo esse fallite e non essendoci somme disponibili per saldare tale debito, i creditori non erano tuttavia riusciti a percepire alcun ristoro per la privazione della proprietà subita.
Gli espropriati hanno dunque lamentato alla Corte europea dei diritti dell’uomo la violazione dell’articolo 1 del Protocollo 1 della CEDU.
La Corte, nella sua sentenza, ha osservato che i ricorrenti sono stati privati della loro proprietà mediante espropriazione indiretta, ovvero una espropriazione non assistita da una procedura formale regolare, incompatibile con il principio di legalità e che, a distanza di trent’anni dall’occupazione del terreno, non avevano abbiano ottenuto una soluzione definitiva della questione da parte dell’ente pubblico responsabile.
A causa del fallimento delle ditte che erano state incaricate dalla municipalità di eseguire l’espropriazione, erano rimasti privi di ogni risarcimento e il dissesto del Comune, che secondo la Corte avrebbe dovuto garantire la riparazione economica delle espropriate, non aveva fatto altro che aggravare la situazione di pregiudizio.
Ne ha concluso dunque che lo Stato italiano ha violato il loro diritto di proprietà e lo ha condannato al pagamento in loro favore di 122.000 euro a titolo del danno materiale patito per la perdita della proprietà del terreno, maggiorato di ogni imposta esigibile su tale importo, nonché di 22.000 euro per il danno da occupazione illegittima del terreno medesimo, e di 10.000 euro per il danno morale, nonché infine di 15.000 euro per il rimborso delle spese legali sostenute.